2023 / pp. 423 / € 38,00 € 36,10
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Su una collina che guarda Vienna sorge la chiesa dello Steinhof, opera di Otto Wagner. Nello spazio raccolto della sua cupola si incontrano forze che «danno vita a ununità difficile e breve». Uscendo dallo spazio di quella chiesa lo sguardo si perde in un paesaggio di «pellegrinaggi infiniti» e «follie interminabili»: Vienna. A questa città, e a certi memorabili «uomini postumi» che vi abitarono nei primi anni del nostro secolo, è dedicato questo nuovo libro di Massimo Cacciari.
La definizione di «uomo postumo» è di Nietzsche, ma si può dire che Vienna sia il luogo privilegiato dove quegli esseri si sono manifestati. Musil e Hofmannsthal, e certi loro personaggi, o gli eterni nomadi di Joseph Roth, lo «straniero» Trakl o, infine, Wittgenstein stesso, il quale in Inghilterra non fece che trapiantare, senza per altro essere capito, le aporie e i paradossi evocati da una indagine sul linguaggio peculiarmente viennese: tutti questi nomi rimandano a un centro comune, un centro però vuoto, dove non risiede una Verità da comunicare, ma al più unassenza, un oscuro rimando a un«origine», la traccia di un limite invalicabile, di un conflitto che non attende una conciliazione. È questo il luogo di un «moderno» ben più radicale, ben più penetrante di ogni avanguardia costruttivista e baldanzosa.
Il suo primo carattere è linconfondibile compresenza di unangoscia che fa ammutolire e di una lucidità che è anche limpidezza. Lossessione comune per il linguaggio, si tratti del linguaggio musicale, filosofico o letterario, indica una volontà testarda di fissare «ciò che si può dire», di misurarne limmensa portata e, al tempo stesso, linvincibile impotenza, di metterlo a contrasto con tutto ciò che non si può dire, che è «indecente» dire eppure continuamente viene detto e costituisce ormai il tessuto stesso del mondo.
Cacciari ha provato in queste pagine a traversare diagonalmente tutto lo spessore di questa intransigente ricerca viennese: dalla filosofia (Wittgenstein) alla pittura (Schiele) alla musica (Schönberg e Berg) alla letteratura (Musil e Hofmannsthal e Joseph Roth e Altenberg e Kraus). Ma, anche se a Vienna il «problema dei fondamenti» si rivela sempre con la più drastica evidenza, in altre zone della cultura di lingua tedesca quella stessa ricerca prosegue in altre avventure, sfocia su altri paesaggi: così alcune sezioni del libro sono dedicate a Robert Walser e a Ernst Jünger, a Böcklin e a Max Klinger, a Kubin e a Hesse, in un gioco vibrante di affinità e di opposizioni. E alla fine di questi tortuosi, intrecciati percorsi, che nella loro molteplicità irriducibile non si ritrovano più su alcuna via regia, riconosceremo ancora una volta nellorizzonte che si apre «dallo Steinhof» quello stesso orizzonte che abbiamo ancora davanti.