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Aleksandr Zinov’ev

Cime abissali, II

Traduzione di Gigliola Venturi

Biblioteca Adelphi, 84
1978, pp. 496
isbn: 9788845903700

Temporaneamente non disponibile
IN COPERTINA
Casa di scale, litografia di M.C. Escher, particolare (1951).
SINOSSI

Già pochi mesi dopo la prima apparizione in Occidente di Cime abissali, critici e lettori di molti paesi hanno riconosciuto che questa, insieme all’Arcipelago Gulag di Solzenicyn, era l’opera più importante, e per così dire ‘inevitabile’, venuta dalla Russia negli ultimi anni. E anche in questo caso si tratta di un libro che non solo obbliga a rimettere in questione tutto ciò che appartiene alla realtà sovietica, ma ci pone domande stringenti su tutto il «culto della società» che, in altre forme, è però un carattere dominante anche del mondo occidentale.
Al centro, qui, non saranno le manifestazioni di terrore e persecuzione, nascoste per decenni e ormai a poco a poco giunte alla luce, che traversano tutta la storia sovietica. No: Zinov’ev ha voluto mostrarci qualcosa di non meno aberrante, ma che è davanti agli occhi di ognuno: la ‘normalità’ sovietica, la vita quotidiana con tutti i suoi veleni. E, di fronte a questa realtà che sembra impavidamente sfidare ogni satira, perché si manifesta già da sola come satira di se stessa, di fronte a questo mondo che è al tempo stesso enormemente sottile ed enormemente brutale, Zinov’ev ha costruito, con freddezza analitica e con la furia di una passione infrenabile, un’architettura mostruosa, che ne costituisse quasi il beffardo monumento: Cime abissali. Poco dopo la pubblicazione di questo libro in Occidente, le autorità sovietiche hanno deciso che Zinov’ev avrebbe più opportunamente continuato la sua scandalosa esistenza fuori dalla Russia: come già era successo per Brodskij, per Sinjavskij, per Solzenicyn stesso.
In questo secondo volume, ormai superate le capziose argomentazioni che nella prima parte servivano a introdurre i teoremi del regno dell’orrore, Zinov’ev si abbandona più liberamente alla narrazione, e la sua disperata comicità cresce sino alla fine. Percorriamo così il labirinto di Ibania in tutte le sue numerosissime ramificazioni del Potere e del Dissenso (e di entrambi paradossalmente intrecciati). Vi troveremo le atrocità, il grottesco, la resistenza silenziosa, la lucidità opposta delle vittime e dei torturatori. Ma una cosa certamente non vi troveremo: la via d’uscita. Qui sembra che tutti aspettino, come il Chiacchierone in un memorabile capitolo dell’ultima parte, di andare a fare la coda alle Pompe Funebri per essere cremati: «Da quando era stata adottata la legge che regolava i decessi, non v’era stato un solo caso di persona che – avendo dichiarato il proprio sincero desiderio di prendere coscienza dell’ineluttabilità della propria morte – non si fosse presentata, all’ora stabilita, al proprio crematorio. A Ibania anche la morte è un affare di libero arbitrio al quadrato».
Cime abissali apparve in Svizzera nel 1977.

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