Karen Blixen
Lettere dallAfrica
1914-1931
A cura di Frans Lasson
Biblioteca Adelphi, 184
1987, 2ª ediz., pp. 488, 75 tavv. f.t.
isbn: 9788845902680
Nel gennaio 1914 Karen Dinesen sbarcava nel porto di Mombasa, sposandosi il giorno stesso con il barone Bror Blixen. Nel 1931 ripartiva dallAfrica, col cuore spezzato, dopo aver perso ogni speranza di continuare a reggere la sua piantagione nel Kenya. Fra queste due date avviene un lungo dramma, con intermezzi incantati, che ben conoscono tutti i lettori de La mia Africa. Ma solo queste splendide lettere ai familiari permetteranno di ricostruirlo nella realtà di ogni giorno, nelle oscillazioni fra lentusiasmo e lo sconforto. E si può dire che, proprio in queste lettere, la Blixen si sia scoperta e messa alla prova della scrittura. Fin dallinizio, lAfrica fu per lei il luogo dove custodire un «pezzo del cuore, forse il più grande». E insieme era lo scenario dove, come uneroina impeccabilmente spregiudicata, che pretendeva di essere pronta a «iniziare la tratta dei bianchi, se si aprisse uno spiraglio in quel ramo» e definiva se stessa «una snob eletta da Dio», la Blixen volle esporsi alle potenze congiunte della vita. Il risultato fu una bruciante sconfitta. Ma quella sconfitta, a sua volta, velava appena lo sprigionarsi di una nuova magia: la letteratura. Negli anni africani si compì nella Blixen una mirabile metamorfosi, che possiamo seguire passo per passo in queste pagine, dove la forma epistolare diventa spesso un tenue involucro per accogliere lurgenza del racconto e della confessione. Per tutto quel tempo si svolse, nel fondo oscuro dei fatti, una lunga, stregonesca operazione di baratto fra la vita della Blixen e la sua arte. «Nessuno è entrato nella letteratura sanguinando più di me» disse una volta la Blixen. Ma, anche se lesperienza africana fu lancinante di pena, la Blixen continuò a guardarla con gratitudine, assistita dal suo demone: «Di tutti gli idioti che ho incontrato in vita mia e Dio solo sa che non sono pochi credo di essere stata la più grande. Ma mi ha impedito di cadere a pezzi un indomabile amore per la grandezza, che è stato il mio demone. E ho vissuto una quantità infinita di cose meravigliose. Anche se con altri lAfrica è stata più clemente, io credo fermamente di essere uno dei suoi figli prediletti. Un gran mondo di poesia mi si è dischiuso quaggiù, e mi ha fatto entrare, e io lho amato. Ho guardato i leoni negli occhi e ho dormito sotto la Croce del Sud, ho visto le grandi praterie in fiamme, e le ho viste coperte di sottile erba verde dopo la pioggia, sono stata amica di Somali, Kikuyu e Masai, ho volato sopra le Ngong Hills ho colto la più bella rosa della vita, e Freja ne sia ringraziata».