W.H. Hudson
Un mondo lontano
Biblioteca Adelphi, 56
1974, 2ª ediz., pp. XVI-319, 1 tav.
isbn: 9788845900907
Il mondo lontano che W.H. Hudson evoca in questo libro con quella sua peculiare felicità di tocco che il lettore italiano ha già apprezzato nella Terra Rossa, è quello della sua infanzia: la pampa senza fine, punteggiata di alberi maestosi, gli ombù, la cui unica funzione era allora di segnare per il viaggiatore, come gigantesche pietre miliari, l’enorme distesa di terra, fitta di animali, scarsa di uomini. Qui, in una casa chiamata appunto «I venticinque ombù», Hudson era nato nel 1841 ed era vissuto nella prima infanzia. Molti decenni dopo, quando ormai era diventato un illustre naturalista e un maestro della prosa inglese, Hudson sentì il bisogno di risalire ai suoi primissimi ricordi, e scrisse Un mondo lontano (1918). Vividi e pulsanti come lo sbattere di piume di un qualche amato uccello tropicale, i ricordi obbedirono al richiamo della sua prosa: così egli ritrovò i fatti e le emozioni che avevano costruito il suo essere e ce li ha consegnati in un’opera di raro incanto, quella dove, come scrisse Ford Madox Ford, Hudson «ha più rivelato se stesso». Vi troveremo la storia di una traboccante passione per la natura, tanto straordinaria quanto inconsapevole, che avrebbe poi accompagnato tutta la vita di Hudson, e un’esperienza delle persone tutta determinata dalla struttura dei luoghi: per cui l’umanità appariva al piccolo ‘inglese’ come una serie ininterrotta di mondi autonomi, le estancias, spesso privi di contatti fra loro e incompatibili, o come la galleria degli inaspettati ospiti accolti dai generosi genitori di Hudson: avventurieri, mendicanti, guerrieri, appassionati di cavalli, donne pallide e misteriose, gente perduta, caratteri che sparivano nel nulla dopo aver manifestato ogni volta al bambino attento, quasi cerimonialmente, un qualche aspetto della vita e della morte. Alla fine, avremo l’impressione di aver assistito al crescere di una persona come a quello di un albero, seguendola in tutte le ramificazioni della sua sensibilità, forse perché esse erano rimaste miracolosamente intatte nel lucido e sapiente Hudson quasi ottantenne che ce ne ha raccontato il formarsi.