Aggiungi alla wishlist Aggiungi alla wishlist Aggiungi alla wishlist
Condividi Condividi Condividi

Daniel Halévy

Degas parla

Traduzione di Tommaso Pezzato
A cura di Jean-Pierre Halévy

Biblioteca Adelphi, 691
2018, pp. 245
isbn: 9788845933226

€ 20,00  (-5%)  € 19,00
Aggiungi al carrello Aggiungi al carrello Aggiungi al carrello
IN COPERTINA
Ballerina con il braccio teso, fotografia di Edgar Degas (1895-1896). Bibliothèque Nationale de France, Parigi.
image bnf/rmn-réunion des musées nationaux/alinari
SINOSSI

Edgar Degas era schivo, taciturno, intransigente. E molto solo, perché solo, e isolato (soprattutto dagli artisti suoi contemporanei) voleva essere. Frequentava pochissimi amici, andava in pochissime case. Una di queste fu, per vent'anni, quella degli Halévy: tra il 1877 e il 1897 rari erano i giorni in cui non pranzasse o cenasse da loro, perché lì si sentiva accolto, e finanche protetto, da quello «spirito Halévy», da quella «secchezza degli Halévy, che aveva agito nell'operetta come nelle battute di Oriane de Guermantes». Ad ascoltare, affascinato, le parole di Degas, c'era un ragazzo, che poi le annotava accuratamente nel suo diario. E che nel 1960, quasi ottantottenne, si decise a pubblicarle. Grazie a Daniel Halévy scopriamo, di colui che sin dall’adolescenza gli aveva dato «un'idea precisa di cosa fosse la grandezza», le battute fulminanti e i paradossi acuminati, il rigore scontroso e i furori intellettuali. Ma anche lo stupore incantato con cui Degas ascoltava, o narrava lui stesso, una fiaba delle Mille e una notte, o la «gioia infantile» che gli dava leggere agli amici uno dei suoi sonetti. Più di ogni altro, Daniel Halévy ha saputo cogliere il suono della «sua bella voce», soprattutto quando era «intima e sofferta» – quando lasciava affiorare l'ombra tormentosa di quella «catastrofe inconfessata» che aveva segnato la sua esistenza.

«A produrre il suo genio non è stata la douceur de vivre, ma la sofferenza. Questo libro ci svela come nessun altro la strada di Degas, crudele, dolorosa e davvero maestra, le radici della sua grande arte» (Joseph Czapski).

Dalla stessa collana