Milan Kundera
Un incontro
Biblioteca Adelphi, 538
2009, pp. 186
isbn: 9788845923647
Quando Paul Valéry fu accolto, nel 1925, fra gli «immortali» dellAcadémie française, si vide costretto lui che non aveva grande stima per larte del romanzo a pronunciare lelogio di Anatole France, suo predecessore. In un panegirico divenuto leggendario, non solo riuscì a parlare di France senza mai menzionarne il nome, ma con squisita perfidia contrappose le sue opere a quelle di Tolstoj, Ibsen, Zola, tacciandole di leggerezza. Non cè da stupirsi, ci avverte Kundera: difficilmente il romanziere rientra nella schiera di coloro che incarnano lo spirito di una nazione. Proprio in virtù della sua arte, il romanziere è per lo più «segreto, ambiguo, ironico», e celato comè dietro ai suoi personaggi difficilmente si lascia ridurre a una convinzione, a un atteggiamento: quel che gli preme non è la Storia (e tanto meno la politica), bensì il «mistero dei suoi attori». Come Beckett, è libero, persino dal virtuoso senso del dovere che lo vorrebbe prigioniero di un Paese o di una lingua; come Danilo Ki, respinge ogni etichetta, anche quella, proba e accattivante, di emigrato o dissidente; come kvorecký, è pronto a rivolgere il suo «inopportuno humour» contro il potere e insieme contro il «vanitoso gesticolare» di chi protesta (ad esempio sulla scena della Primavera di Praga). E spesso finisce sulle liste di proscrizione che governano i gusti letterari: soprattutto quando, come Malaparte (cui Kundera dedica qui un folgorante saggio), ci rivela la cupa bellezza di una realtà diventata folle, la nuova Europa nata da unimmensa disfatta, e un nuovo modo, vinto e colpevole, di essere europei. Nel corso degli anni Kundera ci ha insegnato a guardare al romanzo come a una creatura fragile e preziosa, che vive di ununica storia: ma mai ci aveva rivelato in maniera tanto nitida e affascinante la fisionomia del romanziere, e la sua occulta, vitale, dolorosa fisiologia.