Iosif Brodskij
Poesie di Natale
Biblioteca Adelphi, 466
2004, 4ª ediz., pp. 97
isbn: 9788845919299
«Da quando ho iniziato a scrivere versi seriamente – più o meno seriamente – ho cercato di comporre una poesia per ogni Natale, quasi fosse un augurio di compleanno. Molte volte ho perso l’occasione giusta, l’ho lasciata cadere. Questa o quella circostanza bloccavano la strada». Così, in un’intervista degli anni Novanta, Iosif Brodskij ricordava le sue Poesie di Natale, diciotto in tutto, la prima delle quali, scritta in una dacia di Komarovo nel 1962, si ispirava a un’Adorazione dei Magi che il poeta aveva visto riprodotta su una rivista polacca e la cui iconografia l’aveva profondamente colpito: «Amavo quella concentrazione di ogni cosa in un solo luogo – il che è quanto si verifica nella scena della grotta».
Trentatré anni dividono i primi versi dagli ultimi, scritti nel 1995. Negli anni Sessanta e Settanta le poesie o i poemetti natalizi sono variazioni via via fantastiche, rabbiosamente amare, malinconiche, scherzose, ispirate dalla festività, ma quasi svincolate dalla ricorrenza concreta. Come 24 dicembre 1971: «Siamo tutti, a Natale, un po’ re Magi. / Negli empori, fanghiglia e affollamento. / Gente carica di mucchi di pacchetti / mette un bancone sotto accerchiamento / per un po’ di croccante al gusto di caffè: / così ciascuno è cammello e insieme re».
Negli anni Ottanta la svolta, che è insieme tematica e stilistica: proprio l’evento della Natività, un miracolo che puntuale si ripete e illumina il nostro destino, si fa specchio di una riflessione sul tempo, la solitudine e l’amore che ha la levità ironica di una sonata mozartiana: «Il mondo attorno non contava, / né la tormenta che monotona ululava, / o che nella bucolica magione stessero / allo stretto e per loro non ci fosse altro tetto. // Intanto erano insieme. / E in tre per giunta, la cosa principale, / da ora avrebbero spartito in modo eguale / i doni almeno, nonché cibo e imprese».