Uno degli aspetti più terrificanti nella macchina infernale dei campi di concentramento nazisti è stato senzaltro lutilizzazione e lo sfruttamento per fini distruttivi di un certo odio di sé ebraico, di cui già nellOttocento dà testimonianza tutta una serie di pubblicazioni antiebree ad opera di ebrei. Questo sentimento ambiguo e autodenigratore era vivo in particolare fra gli ebrei occidentali agiati, che più tenacemente volevano lassimilazione nei paesi dove vivevano. È un tema difficile, intricato e sconcertante e su di esso è centrato il breve, intensissimo romanzo che qui presentiamo, scritto dallo storico olandese Jacob Presser sulla base di esperienze anche dirette della persecuzione nazista in Olanda.
Il giovane protagonista, ebreo di origine portoghese, professore di storia in una scuola di Amsterdam, è tormentato dallidea dellassimilazione, da una volontà cocciuta di nascondere il suo ebraismo, che gli fa sentire il fascino di laide corporazioni studentesche e perfino del movimento fascista. Siamo durante lultima guerra: lOlanda è sotto il dominio nazista e gli ebrei di Amsterdam scompaiono a poco a poco. I nazisti li rinchiudono nel campo di concentramento di Westerbork, da cui partono con inesorabile regolarità convogli per Auschwitz. E paradossalmente, proprio per salvarsi dalla persecuzione, il giovane professore decide di farsi internare anche lui a Westerbork, ma in una posizione di comando, che lo obbliga allorrendo compito di amministrare le vittime.
Qui gli si farà luce su tutto: non solo sulla mostruosa impresa nazista, ma sulla cecità delle sue vittime, convinte di essere al sicuro, ciascuna su una lista segreta di privilegiati, che non dovranno mai partire per Auschwitz. Queste liste invece «saltano» a una a una: la tortura per mezzo della speranza è infatti il più beffardo e atroce trucco dei nazisti per mantenere lordine nei campi. Passando attraverso episodi che sanno illuminare lorrore con pochi e memorabili tratti, mentre si delinea la straordinaria figura del feroce Cohn, ebreo collaborazionista da cui dipende la vita di tutti nel campo, e a contrasto quella del giovane rabbi Geremia Hirsch, che aspetta lucidamente il destino leggendo la Scrittura, il racconto precipita verso la sua tragica fine: per il protagonista, infatti, penetrare dietro la cortina di fantasmi che hanno avvolto la sua vita e quella di tanti suoi parenti e amici vuol dire riconoscere la propria degradazione e con ciò condannarsi a morte. Non senza, però, aver compiuto un gesto di rivolta che capovolge i termini della sua breve vita di cieco e delicato intellettuale.
La notte dei Girondini apparve per la prima volta nel 1975.