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Samuel Johnson

Riflessioni sugli ultimi fatti relativi alle Isole Falkland (1771)

A cura di Lodovico Terzi

Piccola Biblioteca Adelphi, 140
1982, pp. 109
isbn: 9788845905193

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SINOSSI

Questo pamphlet del dottor Johnson ci offre una singolare allucinazione storica: leggendolo, e fin dalle prime righe, ci domandiamo continuamente se qui si parla della disputa del 1770 per le Isole Falkland (già allora chiamate dagli spagnoli Malvinas) fra i regni di Inghilterra e di Spagna o di quella dell’aprile 1982 fra Inghilterra e Argentina, poi sfociata nella guerra. Sono due storie parallele, perfino in certi aspetti del tutto accidentali, come appare dall’irresistibile cronaca che qui ce ne viene data. E il parallelismo cade solo quando si confronta il sovrano vigore del linguaggio di Johnson con la prosa dei commentatori politici attuali. Johnson loda la fermezza inglese dinanzi all’offesa spagnola, ma non incoraggia a cercare il sangue – e guerra, allora, non ci fu – per stabilire un punto di diritto che ogni politico moderno ha interesse a non toccare: la legittimità incontestabile del possesso di una terra. Indagare sulle origini della legittimità comporta un rischioso inoltrarsi negli arcana imperii: meglio puntare, con illuminato pragmatismo, su una soluzione che permetta a un tempo di soddisfare l’onore ingiuriato dell’Inghilterra e di mantenere il possesso di quelle terre che Johnson definiva «uno scarto della natura». Così, di fatto, avvenne allora; così, di fatto, non poteva avvenire oggi. Ma Johnson va più in là dell’occasione storica: incrociando le lame della polemica con un poderoso nemico, Junius, anch’egli un eccellente scrittore, mobilita tutta la sua burbera saggezza e una squisita arte letteraria per argomentare la sua radicata avversione alla guerra. Come egli scrive, con mirabile understatement, in fondo «la guerra non è la sola cosa che conti nella vita; c’è di rado, e ogni uomo di buona volontà e di buon senso vorrebbe che fosse ancor meno frequente».

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