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Daniel Paul Schreber

Memorie di un malato di nervi

Traduzione di Federico Scardanelli, Sabina de Waal
A cura di Roberto Calasso

La collana dei casi, 1
1974, 2ª ediz., pp. 536, 1 tav.
isbn: 9788845902024

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IN COPERTINA
Ritratto di Paul Emil Flechsig. La fotografia di P. E. Flechsig in copertina, tratta dalla «Monatsschrift für Psychiatrie und Neurologie», vol. 65, 1967, è pubblicata per gentile concessione della casa editrice Karger (Basel); quella di D. P. Schreber per gentile concessione del Dott. F. Baumeyer e del Focus Verlag (Wiesbaden).
SINOSSI

Daniel Paul Schreber, presidente della Corte d’Appello di Dresda, figlio di un illustre educatore dalle idee ferocemente rigide, ebbe nel 1893, a cinquantun anni, una grave crisi nervosa ed entrò nella clinica psichiatrica di Lipsia, affidandosi all’autorità del suo direttore, l’anatomista P.E. Flechsig. La crisi aveva avuto inizio quando un giorno, nel dormiveglia, il presidente Schreber si era trovato a pensare che «dovesse essere davvero molto bello essere una donna che soggiace alla copula». A partire da questo punto si sviluppò in lui un prodigioso delirio, che lo fece passare per tutti gli estremi della tortura e della voluttà, coinvolgendo dèi, astri, demiurghi, complotti, «assassinii dell’anima», catastrofi cosmiche, rivolgimenti politici. Al centro di tutto erano la convinzione, in Schreber, di trovarsi vicino a essere trasformato in donna, e la sua lotta stremante contro un Dio doppio e persecutore. È comunque difficile dare un’idea in poche parole della sconvolgente architettura di immagini, nessi, illuminazioni tragiche e comiche che il lettore incontrerà in questo libro, scritto da Schreber dopo sei anni di malattia, con lo scrupolo di uno specchiato magistrato prussiano, con fermo rigore logico, con sprazzi di paurosa intelligenza, con la cupa determinazione di un trattatista gnostico, allineando pacatamente la sequenza di enormità che aveva vissuto e ragionandoci sopra. Con queste Memorie egli voleva, fra l’altro, dimostrare di non essere pazzo – e incredibilmente ci riuscì, sicché il suo ricorso in appello contro la sentenza di interdizione venne accolto, permettendogli di tornare a vivere per qualche tempo nella società.
Della eccezionale importanza di questo testo si accorse per primo Jung, che lo citava già nel 1907 e lo fece leggere a Freud nel 1910. Anche Freud ne fu subito molto impressionato, e scrisse a Jung che Schreber «avrebbe dovuto essere fatto professore di psichiatria». La lettura di queste Memorie fece cristallizzare in Freud la teoria della paranoia, e così nacque il suo famoso saggio universalmente noto come «il caso Schreber», che sarà una delle occasioni su cui scoppierà il dissenso con Jung. Ben meno conosciute – fra l’altro perché la famiglia di Schreber sequestrò gran parte dell’edizione originale – sono le Memorie, che invece meritano di essere considerate uno dei libri-chiave della nostra epoca. E infatti nel corso degli anni, e soprattutto in questi ultimissimi tempi, un nugolo di interpretazioni si è addensato intorno a esse, sicché questo testo è diventato una sorta di prova del fuoco della teoria psicoanalitica, come ha visto Lacan nel lungo saggio che gli ha dedicato. Ma, anche al di fuori del contesto psicoanalitico, le Memorie di Schreber agiscono come una provocazione potente: basterà ricordare le memorabili pagine su Schreber in Massa e potere di Elias Canetti, che illuminano il rapporto fra paranoia e potere politico. Alla fine del volume, nella Nota sui lettori di Schreber di Roberto Calasso, il lettore troverà una analisi dei più importanti studi che su questo libro sono stati scritti negli ultimi ottant’anni.
Le Memorie sono apparse per la prima volta nel 1903.