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Il Cantico dei Cantici

A cura di Guido Ceronetti

Biblioteca Adelphi, 58
1975, 8ª ediz., pp. 141
isbn: 9788845900921

Temporaneamente non disponibile
IN COPERTINA
William Blake, Jerusalem, 1804-1820, tav. 28: «Amanti in una ninfea».
SINOSSI

Il Cantico dei Cantici è il più grande testo d’amore di tutte le letterature. Di qualsiasi specie di amore si tratti – sia quello di Iahvè e del suo popolo, come vuole la tradizione ebraica, sia quello dell’anima e del suo Dio, come vogliono san Giovanni della Croce e altri mistici, sia quello carnale di uomo e donna, come impone di pensare una lettura immediata del testo –, mai parole più belle e inesauribili sono state trovate per cantarlo, parole che sembrano ogni volta miracolosamente adatte a ciascuna delle tante interpretazioni che sono state date del Cantico, anche se incompatibili fra loro. È perciò un vero avvenimento che Guido Ceronetti sia riuscito a far vivere, con impareggiabile felicità, in lingua italiana queste poche parole preziose, riconquistandone il profumo, l’aura magica e la catturante concretezza. E il lungo, rapsodico saggio che segue la sua versione dà conto della molteplicità di risonanze che il testo ha avuto in lui e che avrà certamente in ogni lettore: «Più se ne scruta il testo meno lontani si fanno i piani di realtà diversa ai quali si può accedere dal suo, che è mobile e sospeso, mai al livello di un piede fermo. È un sogno erotico, non un racconto; non è la storia degli adultèri di David e di Betsabea, degli incesti di Amon e di Tamar; non vuole né avvertire né eccitare, vuole soltanto rivelare qualcosa attraverso il suo sogno, qualcosa che in certi luoghi e tempi predestinati le ipostasi divine hanno celebrato in figura di amanti umani».
Attribuito al re Salomone, celebre per la sua saggezza, per i suoi canti e anche per i suoi amori, Il Cantico dei Cantici fu composto non prima del IV secolo a.C. ed è uno degli ultimi testi accolti nel canone della Bibbia, addirittura un secolo dopo la nascita di Cristo, col sinodo rabbinico di Iabne. Ma, a dimostrare la singolare venerazione in cui era tenuto questo testo, in tale occasione Rabbi Achivà aveva proclamato: «Il mondo intero non vale il giorno in cui il Cantico fu dato a Israele, perché tutte le scritture sono sante, ma Il Cantico dei Cantici è santissimo».

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