René Girard
Portando Clausewitz allestremo
Conversazione con Benoît Chantre
Saggi. Nuova serie, 59
2008, pp. 313
isbn: 9788845923074
I rovinosi contagi dei terrorismi e dei fondamentalismi del nostro tempo testimoniano in modo definitivo che i rapporti fra gli uomini si fondano su quella violenza «mimetica» a cui Girard ha dedicato lintera sua opera. Questa legge aveva trovato inopinatamente una prima e radicale formulazione, poco tempo dopo la caduta di Napoleone, in un ufficio dell'Accademia militare di Berlino, dove Carl von Clausewitz lavorava alla stesura di un trattato sulla guerra destinato a vedere la luce dopo la sua morte. Nel desiderio di affrontare l'argomento in modo più razionale rispetto agli strateghi che l'avevano preceduto, il generale prussiano arrivò in realtà a toccare il nucleo di un fenomeno indomabile: quello di uno scontro fatalmente portato all'estremo. Ma indietreggiò di fronte alla sua folgorante intuizione. «Che cosa accade nel momento in cui si raggiunge l'estremo, del quale Clausewitz intravede la possibilità prima di dissimularla sotto considerazioni strategiche?». Questa è la domanda che bisogna porsi oggi. «Dobbiamo allora» dice René Girard «finire Clausewitz percorrendo fino in fondo il movimento che egli stesso ha interrotto». Girard lo fa nella forma di un lungo colloquio con Benoît Chantre, volgendosi «a testi che nessuno sembra più darsi la pena di leggere, innanzi tutto quello di Clausewitz, e poi i testi apocalittici», e individuando nell'«odio misterioso» tra Francia e Germania, nodo centrale della storia europea degli ultimi secoli, l'inizio di una spirale di violenza che ha contaminato l'intero pianeta, spingendolo verso l'autodistruzione. E la «fine del movimento», cui si arriva qui spaziando dall'antropologia alla storia, dalla letteratura alla psicologia, dalla filosofia alla teologia, sino all'inedito scenario creato dal terrorismo islamico, sarà per Girard l'evidenza che portare Clausewitz all'estremo «equivale a dire che il suo senso è religioso».